sabato 20 agosto 2011

Notizie dalla Chiesa Italo Albanese


EPARCHIA DI LUNGRO
XXIV Assemblea Diocesana
e
Corso di aggiornamento teologico
II SINODO INTEREPARCHIALE
Eparchie di Lungro e di Piana degli Albanesi
E Monastero Esarchico di S.M. di Grottaferrata
ORIENTAMENTI PASTORALI
E NORME CANONICHE
S. Cosmo Albanese
Casa del Pellegrino
29 – 30 – 31 agosto 2011

Al Rev.mo Clero, Religiose e Fedeli laici.
Carissimi,
Vi invito a prendere parte all’Assemblea Annuale Diocesana e al Corso di Aggiornamento Teologico che si terranno a S. Cosmo Albanese nella Casa del Pellegrino.
Sono invitati a partecipare tutte le componenti dell’Eparchia: Sacerdoti, Religiose, Chierici, Insegnanti di Religione, Catechisti, Studenti dell’Istituto di Scienze Religiose e tutti i laici impegnati in Parrocchia.
ORIENTAMENTI PASTORALI e NORME CANONICHE del II Sinodo Intereparchiale”.
Il Sinodo Intereparchiale, come risultato tangibile, ricco di contenuti dottrinali e normativi, viene a interpellare la nostra disponibilità personale e comunitaria. Entra nella vita di questa Chiesa e disegna la strada dinanzi a noi per fare nuova la storia di Chiesa italo-albanese che annuncia il mistero di Cristo, lo celebra nell’oggi e rende testimonianza nella comunione.
Il Sinodo è per tanti un’esperienza che ha lasciato segni indimenticabili di cammino insieme, nella Chiesa del Signore, per rinnovare, pregare e riscoprire la missione.
Il Sinodo vi ha visti riuniti per una Chiesa immersa nella storia, radicata nel tempo e sul territorio con il profondo desiderio di essere capace di dare risposte credibili alla gente del nostro tempo. Voi avete fatto l’esperienza di essere Chiesa particolare, sotto l’azione dello Spirito, che si è interrogata sulla sua fedeltà alla missione, sui suoi ritardi, sulle nuove prospettive, alla luce del Concilio Vaticano II, del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali e della propria tradizione.
Vogliamo accogliere sulla nostra Chiesa una nuova venuta dello Spirito, che genera tensione forte, rinnova abitudini e suscita attese feconde.
I vede bene che il suo messaggio più luminoso si compendia nell’esigenza di suscitare un clima e uno stile di rinnovamento spirituale, pastorale e strutturale. La consegna del Libro sinodale nelle mani di tutti è un fatto carico di futuro per la storia della Chiesa italo-albanese.
Ne dobbiamo prendere atto tutti; non posso non sottolineare il ruolo di responsabilità primaria dei presbiteri.
A tutti Voi chiedo la preghiera perché il Signore illumini tutti noi, affinché, con mente pura e cuore sincero, possiamo accogliere e comprendere ciò che lo Spirito ci dirà in questo incontro ecclesiale.
Invocando la Benedizione di Dio, Vi saluto con affetto.
Lungro, 11 luglio 2011
+ Padre Salvatore Nunnari
Arcivescovo Metropolita
Amministratore Apostolico

PROGRAMMA

Lunedì 29 agosto 2011
Ore 7,30 Divina Liturgia concelebrata, presieduta da S.E. Mons. Ercole Lupinacci, Vescovo emerito dell’Eparchia
Ore 8,30 Colazione
Ore 10,30 Saluto di Padre Salvatore Nunnari, Amministratore Apostolico
I Relazione dell’Archimandrita Manel NIN, Rettore del Pontificio Collegio Greco e Professore di Liturgia orientale presso l’Ateneo S. Anselmo di Roma, sul tema:
IL DIRITTO PARTICOLARE DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE: TEOLOGIA E LITURGIA
BIZANTINA COME ANNUNCIO DEL VANGELO
Ore 12,45 Preghiera dell’Ora sesta
Ore 13,00 Pranzo
Ore 15,30 Vespro
Ore 17,00 Gruppi di studio
Ore 19,30 Pausa
Ore 20,00 Cena
Serata di fraternità
Martedì 30 agosto 2011
Ore 7,30 Divina Liturgia
Ore 8,30 Colazione
Ore 9,30 II Relazione del Prof. Nicola CORDUANO, dottore in Diritto Canonico, sul tema:
IL DIRITTO PARTICOLARE DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE: RINNOVAMENTO E PROSPETTIVE PASTORALI
Ore 11,00 Gruppi di studio
Ore 12,45 Preghiera dell’Ora sesta
Ore 13,00 Pranzo
Ore 15,30 Vespro
Ore 16,30 Gruppi di studio
Ore 19,30 Pausa
Ore 20,00 Cena
Serata di fraternità
Mercoledì 30 agosto 2011
Ore 7,30 Divina Liturgia
Ore 8,30 Colazione
Ore 9,30 III Relazione di Mons. Natale LODA, Professore di Diritto Canonico delle Chiese Orientali presso la Pontificia Università Lateranense, sul tema:
IL DIRITTO PARTICOLARE DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE COME STRUMENTO DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Ore 11,00 Gruppi di studio
Ore 12,45 Preghiera dell’Ora sesta
Ore 13,00 Pranzo
Ore 15,30 Vespro
Ore 16,30 Relazione dei gruppi di studio seguita da interventi.
Conclusione e Documento finale
NOTE TECNICHE
1. Gli arrivi e le sistemazioni sono previsti per la sera del 28 agosto.
2. La quota complessiva dei tre giorni è di € 20,00.
3. La quota verrà versata alla Segreteria dell’Assemblea all’arrivo.
4. I Rev.mi Presbiteri porteranno il parato completo per le celebrazioni e i libri liturgici.
5. Per chi non pernotta, ma usufruisce dei soli pasti, la quota è di € 5,00 a pasto.
Nota bene: per le prenotazioni telefonare ai seguenti numeri entro il 25 agosto 2011:
0981-947234 - 338.793.74.39.


    domenica 14 agosto 2011

    Transito della Beata Vergine Maria




    di San Melitone di Sardi

    [1, 1] Melitone, servo di Cristo, vescovo della Chiesa di Sardi, ai venerabili fratelli nel Signore con i quali siamo in pace, salute!

    Spesso ricordo di avere scritto a proposito di un certo Leucio che visse con noi assieme agli apostoli, ma poi con un sentimento estraneo ed animo temerario si allontanò dalla via della giustizia e inserì nei suoi scritti molte notizie sulle gesta degli apostoli: molte e diverse cose scrisse sui loro miracoli, ma disse molte cose false sulla loro dottrina asserendo che avevano insegnato diversamente da quanto è in realtà e volendo sostenere quasi con le loro parole le sue pestifere argomentazioni. Né questo gli bastò: con linguaggio empio corruppe la stessa narrazione del transito della beata sempre vergine Maria Madre di Dio tanto che non solo non è permesso leggerla in chiesa, ma non è lecito neppure ascoltarla. A voi dunque che ce lo domandate, alla fraternità vostra, scriveremo così semplicemente quanto abbiamo udito dall’apostolo Giovanni, non credendo ai dogmi strani che pullulano tra gli eretici, ma al Padre nel Figlio al Figlio nel Padre nella Trinità delle persone pur restando indivisa la natura divina, né credendo alla creazione di due nature umane, una buona e l’altra cattiva, ma ad un’unica natura buona creata dal Dio buono, viziata dalla colpa per inganno del serpente e restaurata per la grazia di Cristo.

    [2, 1] Quando il Signore e Salvatore Gesù Cristo pendeva dal legno della croce ove era stato affisso con chiodi per la vita di tutto il mondo, vide sua madre diritta presso la croce e Giovanni evangelista da lui prediletto su tutti gli altri apostoli in quanto era il solo corporalmente vergine. A lui egli affidò la cura della santa Maria. A lui disse: “Ecco tua madre!”. Ed a lei: “Ecco tuo figlio!”. [2] Da allora la santa Madre di Dio restò sotto la speciale cura di Giovanni per tutto il tempo della sua ulteriore dimora quaggiù. Quando poi gli apostoli andarono per il mondo a predicare secondo la sorte che era loro toccata, lei restò in casa dei genitori di lui presso il monte degli Ulivi.

    [3, 1] Nel secondo anno dunque dopo che Cristo, vinta la morte, era salito in cielo, presa da un ardente desiderio di Cristo, tutta sola nella sua cella, Maria si mise a piangere. Ed ecco un angelo di grande splendore apparve davanti a lei con l’aspetto fulgido e proferì queste parole di saluto: “Salve, benedetta dal Signore! Ricevi la salvezza di colui che, per mezzo dei profeti, mandò la salvezza a Giacobbe. Ecco, disse, un ramo di palma: te l’ho portato dal paradiso del Signore; lo farai portare di qui a tre giorni davanti al tuo feretro, allorché sarai assunta dal corpo. Ecco che tuo figlio ti aspetta con i troni, gli angeli e tutti gli eserciti celesti”.

    [2] Maria disse allora all’angelo: “Ti chiedo che siano riuniti qui da me tutti gli apostoli del Signore Gesù Cristo”. L’angelo rispose: “Proprio oggi per opera del mio Signore Gesù Cristo verranno da te tutti gli apostoli”. E Maria a lui: “Ti prego di fare scendere su di me la tua benedizione affinché nell’ora in cui la mia anima esce dal corpo non mi venga incontro alcuna potenza infernale ed affinché io non veda il principe delle tenebre”. E l’angelo a lei: “La potenza infernale non ti nuocerà! Il Signore tuo Dio del quale io sono ministro e ambasciatore, ti ha dato una benedizione eterna. Non credere ch’io ti possa concedere la facoltà di non vedere il principe delle tenebre: egli dipende da colui che tu hai portato nel tuo seno. È in suo potere per tutti i secoli dei secoli”. E, così dicendo, si allontanò con grande splendore, ma quella palma restò sfolgorante di luce.

    [3] Maria allora si svestì e poi indossò gli abiti migliori, prese la palma avuta dalla mano dell’angelo, uscì verso il monte degli Ulivi e iniziò a pregare: “Se tu non avessi avuto misericordia di me, io non sarei stata degna, Signore, di riceverti; tuttavia ho custodito il tesoro che mi hai affidato. Ti chiedo perciò, re della gloria, che la potenza della Geenna non mi faccia del male. Se al tuo cospetto tremano ogni giorno i cieli e gli angeli, tanto più l’uomo che è fatto di terra e che non ha nulla di buono se non nella misura in cui l’ha ricevuto dalla tua generosità. Tu, Signore, sei il Dio benedetto per sempre nei secoli”. Così dicendo se ne ritornò a casa sua.

    [4, 1] Improvvisamente, una domenica all’ora terza del giorno, mentre san Giovanni predicava in Efeso, vi fu un grande terremoto, una nube lo sollevò, lo tolse dagli occhi di tutti e lo portò davanti alla porta della casa ove era Maria. Batté alla porta e subito entrò. Al vederlo, Maria ne ebbe gran gioia e disse: “Figlio mio Giovanni, ti prego di ricordarti delle parole con cui il mio Signore Gesù Cristo mi ha affidato a te. Di qui a tre giorni abbandonerò il corpo e ho udito degli Ebrei che si consultavano dicendo: "Aspettiamo il giorno in cui morirà colei che portò quel seduttore, e poi bruceremo il suo corpo nel fuoco"”.

    [2] Chiamò dunque San Giovanni, l’introdusse nella cella gli mostrò il vestito per la sua sepoltura e la palma splendente che aveva ricevuto dall’angelo, raccomandandogli che fosse portata davanti alla sua lettiga durante il trasporto nella tomba.

    [5, 1] San Giovanni le rispose: “Da solo, come potrò farti le esequie se non verranno i fratelli e coapostoli del mio Signore Gesù Cristo per rendere onore al tuo corpicino?”.

    Ed ecco che improvvisamente, per ordine di Dio, dai luoghi ove predicavano la parola di Dio, tutti gli apostoli furono sollevati in una nube, portati via e deposti davanti alla porta della casa nella quale abitava Maria. Salutandosi l’un l’altro, si stupivano e dicevano: “Per qual motivo il Signore ci ha radunati tutti qui?”.

    [6, 1] Allora gli apostoli, pieni di gioia, elevarono tutti insieme la loro preghiera, e appena pronunciarono l’"Amen" giunse il beato Giovanni e disse loro tutto.

    Entrati in casa, gli apostoli videro Maria e la salutarono: “Benedetta tu dal Signore che fece il cielo e la terra!”. E lei: “Pace a voi, dilettissimi fratelli! Come siete giunti qui?”. E raccontarono come ognuno era stato sollevato in una nube dallo spirito di Dio e deposto là.

    [2] Lei rispose: “Dio non mi ha privato della vostra presenza. Ecco ch’io sto per intraprendere la via di tutta la terra, e non dubito che ora il Signore vi ha condotto qui per darmi sollievo nelle tribolazioni che stanno per colpirmi. Or dunque, ve ne prego, vegliamo tutti insieme ininterrottamente fino al momento in cui il Signore verrà ed io mi separerò dal corpo”.

    [7, 1] Le si sedettero intorno, consolandola, e passarono tre giorni lodando Dio. Nel terzo giorno, verso l’ora terza, tutti quelli che si trovavano nella casa furono colpiti da sopore e nessuno poté restare sveglio ad eccezione degli apostoli e di tre vergini che si trovavano là.

    [2] Venne improvvisamente il Signore Gesù Cristo con una grande moltitudine di angeli e sul luogo si diffuse un grande splendore, mentre gli angeli cantavano un inno e lodavano il Signore. Allora il Salvatore disse: “Vieni, preziosissima perla, entra nella dimora della vita eterna”.

    [8, 1] Maria si prostrò sul pavimento, adorò Dio e disse: “Sia benedetto il nome della tua gloria, Signore Dio mio, che ti sei degnato di scegliere me, tua ancella, e di affidarmi l’arcano tuo mistero. Ricordati di me, Signore della gloria! Tu sai che ti ho amato con tutto il mio cuore ed ho custodito il tesoro affidatomi. Prendi dunque questa tua serva, liberami dal potere delle tenebre, affinché non abbia ad affrontare alcuno scontro con Satana, né mi veda venire incontro gli spiriti tetri”.

    [2] Il Salvatore le rispose: “Quando, inviato dal Padre per la salvezza del mondo, ero sospeso sulla croce, venne da me il principe delle tenebre, ma, non avendo potuto trovare in me alcuna traccia delle sue opere, si allontanò vinto e schiacciato. Quando tu lo vedrai, sarà soltanto in forza della legge del genere umano, in forza di quella legge dalla quale hai il destino della morte. Ma non potrà farti del male, giacché io sono con te per aiutarti. Vieni tranquilla! Ti aspetta la schiera celeste per introdurti nel gaudio del paradiso”.

    [3] Mentre il Signore così parlava, Maria s’alzò dal pavimento, si pose a giacere sul suo letto e, ringraziando Dio, spirò.

    Gli apostoli videro che la sua anima aveva un candore tale, che nessuna lingua mortale ne può degnamente parlare: per la grandezza e il chiarore della luce superava, infatti, il candore della neve, quello di tutti i metalli, e lo splendore dell’argento.

    [9, 1] Il Salvatore disse allora: “Su, Pietro, prendi il corpo di Maria e trasportalo alla parte destra della città, verso Oriente, dove troverai una tomba nuova. Ponetelo lì e aspettate fino a quando verrò da voi”.

    [2] Detto questo, il Signore affidò a Michele, preposto al paradiso e principe della stirpe ebraica, l’anima della santa Maria. Gabriele li accompagnava. E subito il Salvatore fu accolto in cielo con gli angeli.

    [10, 1] Le tre vergini che erano presenti e vegliavano, presero il corpo della beata Maria e lo lavarono, secondo l’uso funebre.

    Una volta svestito dei suoi abiti, quel sacro corpo risplendette di un così grande chiarore che si poteva sì toccare per onorarlo, ma a motivo della luce straordinaria che irradiava era impossibile vederne la bellezza. Solo lo splendore del Signore apparve così grande; e mentre quel corpo mondissimo era lavato non si sentiva nulla, in esso non v’era alcunché di sordido.

    [2] Quando fu rivestita con gli abiti mortali, quella luce poco alla volta si oscurò. Il corpo della beata Maria era simile ai fiori del giglio e da esso emanava un profumo così soave che era impossibile trovarne un altro uguale.

    [11, 1] Gli apostoli posero quel corpo santo sulla lettiga e si domandavano poi l’un l’altro: “Chi porterà questa palma davanti alla lettiga?”. Giovanni disse a Pietro: “Tu, che ci precedi nell’apostolato, devi portare questa palma davanti alla sua lettiga”. Pietro rispose: “Tra di noi, tu solo sei stato scelto vergine dal Signore, ed hai goduto di un favore così grande da potere posare il capo sul suo petto. E mentre era appeso sul patibolo della croce per la nostra salvezza, di sua bocca, l’affidò a te. Sei tu dunque che devi portare questa palma, noi prenderemo il corpo e lo porteremo fino al luogo dove si trova la tomba”.

    [2] Dopo di ciò, Pietro s’alzò e disse: “Prendete il corpo!”. Ed iniziò a cantare: “Israele uscì dall’Egitto, alleluia”.

    Tutti gli altri apostoli portavano con lui il corpo della beata Maria, mentre Giovanni portava la palma davanti alla lettiga. Tutti gli apostoli cantavano con soavissima voce.

    [12, 1] Ed ecco un nuovo miracolo; sulla lettiga apparve una grande nube simile al grande nimbo che suole accompagnare lo splendore della luna; sulle nubi c’era un esercito di angeli dal quale partiva un cantico soave, e sulla terra risuonava un suono dolcissimo. Dalla città uscì allora una folla di circa quindicimila persone che, piene di ammirazione, dicevano: “Che significa questo suono così soave?”.

    [2] Uno rispose loro: “Maria è uscita dal corpo e i discepoli di Gesù cantano lodi attorno a lei”. Guardarono e videro la lettiga circondata da una gloria straordinaria e gli apostoli che cantavano a gran voce.

    [3] Ma uno che aveva la carica di principe dei sacerdoti ebrei, pieno di furore e d’ira, disse agli altri: “Ecco il tabernacolo di colui che ha messo lo scompiglio tra di noi e in tutta la nostra stirpe! Che gloria è questa che ha ricevuto?”. E, avvicinatosi, voleva rovesciare la lettiga e buttare a terra il corpo. Ma ecco che, a qualche cubito da lui, le sue mani restarono secche e attaccate alla lettiga. Mentre gli apostoli tenevano la lettiga alzata, una parte di quell’uomo pendeva e l’altra parte era attaccata alla lettiga: gli apostoli camminavano salmodiando e lui si contorceva dal dolore.

    Gli angeli che erano sulle nubi colpirono il popolo di cecità.

    [13, 1] Quel principe allora gridò: “Ti prego, san Pietro, non disprezzarmi, te ne supplico, proprio ora che mi trovo in così estremo bisogno e soffro terribili tormenti. Ricorda che, quando nel pretorio l’ancella ostiaria ti riconobbe e disse a tutti gli altri di ingiuriarti, io ho parlato bene di te”.

    Pietro rispose: “Non ti posso fare altro che questo: se credi di tutto cuore nel Signore Gesù Cristo, che costei ha portato nel suo utero e dopo il parto rimase vergine, la clemenza del Signore, che con larga pietà salva gli indegni, ti darà la salvezza”.

    [2] Quello rispose: “Forse che non crediamo? Ma che dobbiamo fare? Il nemico del genere umano ha accecato i nostri cuori e la confusione ha velato il nostro volto affinché non riconosciamo la grandezza di Dio, soprattutto perché abbiamo maledetto Cristo, gridando: "Il suo sangue venga su di noi e sui nostri figli"”.

    Pietro allora disse: “Questa maledizione nuocerà a colui che è rimasto infedele, ma a coloro che si rivolgono a Dio, non è negata la misericordia”. Quello rispose: “Credo a tutto ciò che mi dici! Ti prego soltanto di avere pietà di me affinché io non muoia”.

    [14, 1] Allora Pietro fece fermare la lettiga e gli disse: “Se crederai con tutto il cuore nel Signore Gesù Cristo, le tue mani si staccheranno dalla lettiga”. Ciò detto, subito le sue mani si staccarono e prese a stare diritto sui suoi piedi, ma le sue braccia erano rigide e il tormento non si era allontanato da lui.

    [2] Pietro gli disse: “Avvicinati al corpo, bacia la lettiga e dì: "Credo in Dio e nel Figlio di Dio, Gesù Cristo, che costei ha portato, credo in tutto ciò che mi ha detto Pietro, apostolo di Dio"”. Avvicinatosi, baciò la lettiga e subito disparve da lui ogni dolore e le sue mani furono guarite.

    [3] Allora iniziò a benedire Dio abbondantemente e a prendere testimonianze dai libri di Mosè per lodare Cristo, tanto che gli stessi apostoli ne rimasero stupiti e piangevano dalla gioia, lodando il nome del Signore.

    [15, 1] Poi Pietro gli disse: “Prendi questa palma dalla mano del nostro fratello Giovanni, entra in città e troverai una grande folla di persone accecate: annunzia loro le grandezze di Dio. Poni questa palma sugli occhi di quanti crederanno nel Signore Gesù Cristo e riacquisteranno la vista, mentre coloro che non crederanno resteranno ciechi”.

    [2] Quello fece così e trovò una grande folla di persone accecate che piangeva dicendo: “Guai a noi! Siamo stati assimilati ai Sodomiti colpiti dalla cecità. Altro non ci resta che perire”.

    All’udire le parole del principe che era stato guarito, credettero nel Signore Gesù Cristo e, all’imposizione della palma sui loro occhi, riacquistarono la vista. Ma cinque perseverarono nella durezza del loro cuore e morirono. Il principe dei sacerdoti si recò dagli apostoli, restituì la palma e riferì tutte le cose che erano accadute.

    [16, 1] Gli apostoli che trasportavano Maria giunsero nella valle di Giosafat, nel luogo che era stato loro indicato dal Signore. La posero in una tomba nuova e chiusero il sepolcro. Poi si sedettero all’ingresso della tomba, come aveva ordinato loro il Signore.

    Improvvisamente apparve il Signore Gesù Cristo con una grande moltitudine di angeli tutti risplendenti di grande fulgore, e disse agli apostoli: “Pace a voi!”. Essi risposero: “La tua misericordia sia sopra di noi, Signore, avendo noi sperato in te”.

    [2] Allora il Salvatore disse loro: “Prima di salire al Padre mio, a voi che mi avete seguito nella rigenerazione ho promesso che, quando il Figlio dell’uomo siederà sul trono della sua maestà, voi siederete su dodici troni per giudicare le dodici tribù di Israele. Per ordine del Padre mio, tra le tribù di Israele scelsi di abitare in questa. Che volete ora ch’io le faccia?”.

    [3] Pietro e gli altri apostoli risposero: "Tu, Signore, ti sei scelto questa ancella come camera nuziale immacolata e noi come tuoi servi nel tuo ministero. Tu, con il Padre e lo Spirito santo, costituenti una sola e uguale divinità ed una infinita potestà, sapevi tutto prima dei secoli. Se dunque con la potenza della tua grazia fosse possibile, a noi tuoi servi parrebbe giusto che come tu, superata la morte, regni nella gloria, così risuscitassi il corpicino di tua madre e la conducessi lieta in cielo”.

    [17, 1] Disse allora il Salvatore: “Sia secondo il vostro giudizio!”. Ordinò dunque all’arcangelo Michele di trasportare l’anima della santa Maria. L’arcangelo Michele fece rotolare la pietra dall’ingresso della tomba, ed il Signore disse: “Sorgi, amica mia e mia intima! Tu che non hai accettato la dissoluzione del coito, non passerai attraverso la corruzione del corpo nel sepolcro”.

    [2] Maria, risorta immediatamente dal sepolcro, benediceva il Signore e distesa ai piedi del Signore l’adorava dicendo: “Non ti posso degnamente ringraziare, Signore, per gli immensi benefici che tu ti sei degnato di concedere a me tua ancella. Il tuo nome, redentore del mondo, Dio di Israele, sia benedetto nei secoli.

    [18, 1] Il Signore la baciò, poi si allontanò affidando la sua anima agli angeli affinché la portassero in paradiso.

    Disse agli apostoli: “Pace a voi! Come sono sempre stato con voi, così ancora lo sarò fino alla fine del mondo”. Ciò detto, sollevato da una nube, il Signore entrò in cielo e con lui erano gli angeli che portavano la beata Maria nel paradiso di Dio.

    Gli apostoli, presi dalle nubi, ritornarono ognuno nel settore che gli era toccato in sorte per la predicazione, narrando la grandezza di Dio e lodando il Signore nostro Gesù Cristo, che vive e regna con il Padre e lo Spirito santo in unione perfetta, in un’unica sostanza divina, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

    www.tradizione.oodegr.com


    giovedì 11 agosto 2011

    Chirotonie Presbiterali



    Nei mesi scorsi di Giugno e Luglio, nelle due Eparchie Italo-Albanesi di Lungro e di Piana degli Albanesi, hanno ricevuto la Chirotonia Presbiterale tre ex-alunni
    del nostro Pontificio Collegio Greco.

    A loro porgiamo i nostri più migliori auguri
    esclamando ad un unica voce Axios, Axios, Axios.



    Papas Nicola Miracco Berlingeri







    Papas Giorgio Caruso







    Papas Arcangelo Capparelli





    martedì 9 agosto 2011

    Il Canto ecclesiale: il Protopsalta ed il coro



    Il canto nella Chiesa Ortodossa è strettamente legato alle celebrazioni liturgiche e specialmente all’Eucaristia, la priorità in essa è alla parola, ove il cuore batte con la preghiera per esprimere la parola. Come il catechismo nella chiesa nostra è nella musica, per la musica bizantina nostra è al servizio della parola, allora potremmo dire che il canto in questo modo è La Preghiera. È l’evangelizzazione in modo piacevole per le orecchie e buono per le anime, per aiutare ad aver una partecipazione molto più forte e profonda nella preghiera e nelle ufficiature religiose. Allora il canto non è per niente legato alle tendenze umanistiche e ai sentimenti terreni ma puramente alla preghiera, dove i sentimenti hanno un altro senso che è molto più profondo e rivolto a Dio creatore, per aiutare tutti i credenti ad avere una partecipazione spirituale con la celebrazione angelica nel Regno Divino. Cosi tramite il canto, poteremmo aiutare i fedeli a memorizzare le ufficiature e renderle vive in tutti i campi (settori) della vita quotidiana. È una ricerca infinita vivere la cristianità, il vivere Cristo risorto. Il canto introduce e conduce il fedele alla partecipazione nella Chiesa, perché è nello stesso momento parte essenziale della vita spirituale per ognuno secondo il dono che Dio gli ha dato di forza per cantare (bella voce - brutta voce), e cosi saremmo in comunicazione quotidiana con Cristo, con i fratelli dovunque sono (l’unicità nella celebrazione tutta la terra/con il cielo). L’icona nella nostra Chiesa è fatta tramite la preghiera e accompagna sempre le ufficiature divine, allora possiamo dire che l’icona e il canto hanno quasi lo stesso ruolo, perché entrambe esprimono la fede e l’educazione ecclesiastica (il catechismo). È un invito incessante alla preghiera (1Tess. 5/6 e Ef6/18). Con esse si incontra la terra col cielo per annunciare e proclamare la Divinità e far vedere la santità dei santi ( in altro senso quei due fattori sono un modo dove si vede la grazie di Dio nel loro lavoro, pittura canti tropari….) I padri spirituali invitano i loro figli alla partecipazione perpetua alle ufficiature ecclesiastiche ed insistono sulle veglie monastiche ricche di canti belli e spirituali, scritti in un modo proprio per le veglie dove si incontrano la notte e il giorno pregando. Il canto nella Chiesa ortodossa è uno dei tantissimi altri motivi chi porta i credenti ad andare in Chiesa, per cui tantissime volte sentiamo: Oh quanto è stata bella la liturgia, che bravi cantori, il coro è stato miraviglioso… la bellezza del canto e il suo sublime, per quanto porti delle chiare parole ed una musica adatta, nutrisce, fortifica, rende felice e porta i credenti ad accostamento più vicino a Dio,Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro (Mt 18/20). Alla donna in gravidanza, i padri spirituali le suggeriscono di sentire e partecipare al canto, perché quello la aiuta ad essere più tranquilla e rende il parto meno doloroso e cosi il bambino quando nascerà sarà un tipo tranquillo. La stessa cosa succede nei momenti di difficoltà o di felicità, incoscientemente sentiamo la musica bizantina e quello già richiesto dalla Parola: ….. la vita della Chiesa si basa sulla retta fede in Gesù Cristo nostro Signore, Capo della Chiesa (Ef 5,23) come anche si basa sull’insegnamento degli Apostoli e dei nostro Santi Padri. Se crediamo, dobbiamo mettere la nostro fede in atto. Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta (Giac 2,26). La gioventù è il rinascimento della Chiesa nella Chiesa. La nascita dei cori è della gioventù, tramite le veglie fatta per loro e da loro. Tutti amano la musica, la musica è un’arte, come la musica bizantina è ecclesiastica allora è un’arte ecclesiastica, quindi rientra nel contesto ecclesiastico. La musica classica educa l’anima, rende sensibile l’ascoltatore e infine forma la personalità. La maggior parte dei paesi, hanno introdotto la musica come un corso obbligatorio nel programma scolastico per tutti. Le università internazionali hanno ognuna il loro proprio coro che canta le canzoni pulite se possiamo esprimerci cosi (buone canzoni). Nella storia della Chiesa, troviamo che l’insegnamento ecclesiastico è stato sparso tramite il canto e le lodi, un mezzo molto veloce per la memorizzazione della parola. Il coro è una unità indivisibile tra i ragazzi e le ragazze (tra i due sessi non esiste una differenza), essa è basata su un rispetto mutuale tra il coro e il capo coro, tra i giovani e gli anziani vivendo una vita di preghiera in armonia colla musica che cantano. Possiamo dire con sicurezza che il capo coro che dirige non èun fratello o figlio dei cantori che formano il coro, deve rispettare ed essere rispettato soprattutto quando le cose sono delle direttive per il canto, il capo coro dirige con uno spirito d’amore fraterno, mantiene il ritmo, il tono e l’ambiente di preghiera nel coro, per poter aiutare la gente alla preghiera. Come anche è responsabile dell’insegnamento del coro sul piano formativo musicale bizantino, tenendo in considerazione le sue forze e le sue conoscenza nel campo, lingua, tipicon… il ruolo principale del capo coro non può essere realizzato, che con l’aiuto dei fratelli e la loro collaborazione. Se i fratelli non sono in armonia, cantano sulla stesso ritmo come se fossero Uno, piano piano il coro cade e sparisce col tempo e con esso la bellezza del canto. La serietà è una caratteristica principale del corista, non ci sono spazi nel coro per l’isolazione o l’unicità (intendo che uno solo che canta) ma sempre la collegialità sulla base del rispetto reciproco tra il capo coro e i membri. Notiamo bene che il canto individuale ha il suo momento nelle ufficiature bizantine ed è sempre cantata da una persona consacrata (lettore, sotto diacono). Il ruolo del cantore nelle parrocchie è su due livelli, il primo educativo e il secondo è per la propaganda (se possiamo chiamarlo cosi), perché esso mantiene cantando l’Ortodossia, intendo la retta fede della Chiesa, i dogmi e infine la tradizione del canto che è come abbiamo menzionato prima, un modo per annunciare la Parola Divina. Il coro ha una dimensione pastorale, il cantore è un apostolo e Mouaallem Signore. Le diverse azione pastorale delle parrocchie come il catechismo, gruppi per il canto tradizionale (Folclore) sono incoronati dai cori del canto bizantino. I programmi per i bambini nella media (TV, Radio…) ha nella maggior parte musica e canti, anche nei programmi scolastici abbiamo le sessioni per suonare gli strumenti musicali. La natura dei canti da una motivazione o la tranquillità, la gioia e la tristezza e potrebbe essere tradizionale, classica e odierna. Do un paragone: il segreto dell’esercito è il ritmo, lo si vede nelle parate delle feste nazionali, quando i soldati sfilano marciando con la musica con un ritmo unico in armonia con i passi uguali, quello che rifletta l’obbedienza e la vera preparazione per quel giorno, che è per loro al livello di tutta la vita nell’esercito perché con un sbaglio solo possono morire o proteggere la loro vita tramite un’armonia di movimento di pensiero e di applicazione. Infine tutto è per alzare la bandiera della libertà, difendendo le loro convinzione e il loro paese, per non lasciarlo una terra deserta per i nemici. In questo senso deve essere l’educazione Cristiana, la serietà e l’armonia tra i membri della comunità e soprattutto per il coro che deve preparare le ufficiature usando I tipicon, le letture e dividerla tra di loro, per aver una vera armonia devono avere un tempo stabile per le prove per migliorare il loro Ifos, la pronuncia, e la loro collocazione, aver due cori (destra e sinistra), lasciare una parte per la partecipazione dei fedeli presenti nelle celebrazioni, tutto questo aiuta per aver l’Unità nella preghiera che diventa una comunicazione spirituale e un ritmo comune della preghiera. Tutti partecipano nell’Unica preghiera nell’Eucaristia. Potete dire che queste parole sono molto perfezionali dalla prima lettura ma infatti è la realtà della Chiesa. È dalla vera vita cristiana, la vita in Cristo. Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48). Cosi è il canto ecclesiastico, entra fino in fondo dei cuori e parte con tutto il sentimento verso Dio. Da esso, cantato in armonia, nasce l’amore fraterno in Dio. il cantore sarà incoronato con una veste elegante che lo illumina e lo rende umile, I fedeli vedendolo lo dentono con amore e pregano per lui e per loro stessi. Il canto copre tutto, illumina tutto tramite la Parola cantata che ci porta sentendola alla nuova nascita per essere tutti testimoni vivendo la parola di Dio chiedendolo il perdono dicendo la preghiera del cuore “ Gesù figlio di Dio perdonami io peccatore”. Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. 21La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen! (App 22,20)

    del Protopsaltis Michel Maalouf dell'Eparchia Ortodossa di Tripoli, Libano.

    Traduzione di Michel Skaf, alunno P.C.G

    sabato 6 agosto 2011

    La festa della Trasfigurazione nella tradizione siro-occidentale



    di MANUEL NIN

    Nella tradizione siro-occidentale la grande festa della Trasfigurazione del Signore sottolinea con immagini molto belle il manifestarsi della divinità di Cristo per mezzo della sua umanità: "Signore Dio, facci degni di festeggiare in santità, di salmodiare in purezza, e di cantarti con canti di gioia, nella festa della manifestazione della gloria della tua divinità sul monte Tabor. La tua grazia, infatti, ci fa passare dal male al bene, dal peccato alla giustizia". La trasfigurazione manifesta la divinità di Cristo, in qualche modo a misura della capacità dei discepoli.
    Nel vespro il sedro, composizione liturgica siriaca in prosa poetica, descrive i fatti avvenuti sul Tabor: "Tu, Signore, hai voluto che lo spirito umano possa avvicinarsi alla tua maestà, e hai voluto anche che risplenda la tua luce eterna, il tuo Figlio unigenito, e splenda nella creazione per illuminare coloro che sedevano nelle tenebre e nell'ombra della morte. E lui apparve sulla terra nella nostra natura umana per restaurare in essa la maestosa immagine della tua conoscenza".
    Con una lunga serie di frasi che iniziano con "oggi", il sedro enumera poi i fatti salvifici: "Oggi gli angeli scendono per onorare il Figlio unigenito che ha mutato il suo aspetto per manifestare al mondo la ricchezza della sua gloria. Oggi Pietro, Giacomo e Giovanni si rallegrano perché hanno visto la gloria della sua maestà e sono stati presi da timore e spavento davanti alla sua visione. Oggi Elia il Tesbita arriva e adora il Signore dei profeti che è venuto per autenticare le sue profezie. Oggi Mosè, il capo dei profeti, si alza dalla tomba e viene per vedere il Signore che gli apparve nel roveto ardente e non consumato. Oggi i discepoli comprendono che il tuo Figlio unigenito ha il potere sui viventi e sui morti, e sanno che morirà anche lui e vivrà, e con la sua morte vivificherà i popoli e le nazioni".
    I testi accostano diversi passi dell'Antico e del Nuovo Testamento come prefigurazione della redenzione di Cristo: "Oggi arriva Elia il profeta per intercedere presso il tuo Figlio amato per la salvezza degli uomini e lo supplica dicendo: Signore, se la salita di Isacco verso il sacrificio ha santificato l'altare, come la tua salita al Golgota non santificherà tutti gli uomini? Alzati, Signore, sull'altare prefigurato da Melchisedec, perché tu sei il pane vivente e l'offerta santa che accetti olocausti e sacrifici. Vieni, Signore, per crocifiggere il peccato e uccidere la morte, e che Adamo sia bagnato dal tuo sangue vivificante. Oggi Mosè il profeta supplica il tuo Figlio amato, dicendo: scendi, Signore, verso Adamo il tuo figlio amato, e rinnova l'immagine della sua gloria, perché la somiglianza della tua maestà era stata cancellata. Adamo ti aspetta e geme dicendo che tu devi venire a ridargli la gioia, a lui e a coloro che con lui giacciono in prigione". Anche Efrem mette il Tabor in parallelo col Golgota: "Quando Simone salì sul Tabor - per fortuna all'insaputa dei crocifissori - cercò di persuadere il Signore: Signore, è bello di essere quassù, senza coloro che ci potrebbero disturbare! È bello per noi essere coi giusti nella tenda della beatitudine. Ed è riposante essere con Mosè ed Elia, e non nel tempio, pieno di odio e di amarezza".
    E facendo l'elogio di Pietro Efrem gli mette accanto Giacomo e Giovanni: "Beato sei tu, Simone, tu che sei stato come il capo e la lingua del corpo dei tuoi fratelli! Questo corpo è costituito dai discepoli e i figli di Zebedeo ne erano gli occhi. Beati loro che chiesero al loro maestro dei troni dopo aver contemplato il suo trono. Per mezzo di Simone fu udita la rivelazione che veniva da Dio ed essa diventa pietra che non si muove". Spesso Efrem torna sull'immagine del corpo degli apostoli con Pietro come capo, accostando sempre Tabor e Golgota: "L'odore del regno riempiva Simone, ed era a lui dolce. Vide la gloria del Signore e non la sua ignominia, e si rallegrò della presenza di Mosè e di Elia e dell'assenza di Caifa ed Erode. Simone, malgrado la sua ignoranza, parlò con molta saggezza, e riconobbe Mosè ed Elia. Lo Spirito, manifestandosi per mezzo della bocca di Simone, disse delle cose che lo stesso Simone ignorava prima. Luce dello Spirito e libertà umana agirono insieme".
    Efrem presenta infine la trasfigurazione del Signore come prefigurazione della sua risurrezione: "Trasformò il suo volto sulla montagna, prima di morire, affinché i discepoli non dubitassero della trasformazione del suo volto dopo la sua morte e credessero che colui che ha mutato i vestiti con cui era ricoperto risusciterà anche i corpi con cui era rivestito".


    (©L'Osservatore Romano 6 agosto 2011)