giovedì 31 ottobre 2013

“La Notte dei Santi”, una risposta cristiana ad Halloween





Esperienze di gioia e riflessione, alternative alla feste di zucche, streghe e maghi.
Le proposte dei giovani delle chiese di Roma e Torino

LUCA ROLANDI
ROMA


Una festa all'insegna della musica e della preghiera si svolgerà al Teatro Orione alla vigilia della solennità liturgica di tutti i Santi..''La Notte dei Santi'', l'iniziativa organizzata dal Servizio per la pastorale giovanile della diocesi di Roma insieme alla diocesi di Palestrina guidata da monsignor Domenico Segalini, l'Azione Cattolica Italiana, la Comunità Gesù Risorto, Nuovi Orizzonti e a Aleteia, si pone l‘obiettivo di: ''Offrire ai giovani delle nostre comunità la possibilità di vivere in maniera bella e gioiosa la festa dei Santi per far scoprire loro il senso profondo di questa festa, che purtroppo ci è stata ''scippata'' dalla cultura moderna'', come spiega don Maurizio Mirilli, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile della diocesi di Roma.    Un plauso è giunto dal vicario il cardinale Agostino Vallini, che in un messaggio ha espresso “l'augurio che la serata susciti nei cuori di tutti i partecipanti il desiderio di percorrere con decisione la via della santità, in modo da diventare testimoni della bellezza del Vangelo, come i Santi lo sono stati per il loro tempo”. Non solo a Roma, sono infatti molte le iniziative  previste nelle diverse realtà ecclesiali italiane. A Torino per esempio  è prevista una analoga manifestazione “La Notte dei santi 2013: generati da Dio”,  che prevede un cammino e veglia nella chiesa della Gran Madre con  la partecipazione del vescovo Nosiglia. Il responsabile della Pastorale giovanile don Luca Ramello illustra la proposta. “Certamente non possiamo negare che i mutamenti culturali che hanno coinvolto la festa di Halloween condizionino in qualche modo la nostra proposta. Ma nel pieno svolgimento del nostro "Sinodo dei Giovani" per noi è una grazia poter ascoltare i giovani credenti anche su questo aspetto. Halloween è un fenomeno complesso, con una forte componente commerciale sulla quale si innestano talvolta fenomeni di superficialità e non di rado ideologici, ma altre volte rappresenta la semplice cornice tematica per far festa in maniera alternativa.

 "Per questo" continua don Luca "Lo spirito con cui sono state pensate le edizioni dello scorso anno e di quest'anno di "Con sale in zucca" è proprio questo: "è evidente l'influsso culturale su una festa cristiana così importante (la "zucca"), non se può prescindere ma è possibile vivere a nostra volta questo slittamento culturale con intelligenza e sagacia evangelica (il "sale"), mostrando la bellezza della comunione dei Santi e la forza della fede cristiana sul mistero della morte, con scioltezza e franchezza ma senza cedimenti polemici o di contrapposizione acritica”. Don Ramello infine sottolinea il collegamento con la festa della Gmg di Rio e la notte dei santi, dentro ad un cammino di diocesano: "L'esperienza della Pastorale giovanile e a Torino il Sinodo dei giovani. In fondo il generati da Dio, il legame con la santità sono segni distintiti della prospettiva cristiana. Il legame tra queste tre dimensioni per noi è stato riassunto in una parola, sintesi del messaggio dell'Arcivescovo di Torino ai giovani consegnato allo start up della pastorale giovanile nel mese scorso: "Andate!”. E' anche l’invito del Papa e quello dell’arcivescovo “un ‘andare’ come Chiesa che trova la sua meta, il suo stile e la sua forza dall'essere innestati in Gesù. Nel secondo anno di Sinodo dei giovani l'accento è sulla reale capacità di camminare insieme tra generazioni diverse, tra giovani e adulti. La “Veglia di Tutti i Santi”, «Generatida Dio» è allora un richiamo sintetico a queste dimensioni: nella fede come nella vita nessuno genera se non è generato e tutti siamo chiamati, a nostra volta, a generare, ciascuno secondo la propria vocazione. E questo è principio di santità”.  Più rigida la posizione espressa, don Aldo Bonaiuto responsabile del Servizio anti-sette della Comunità Papa Giovanni XXIII, che spiega come, qualche volta, si celi, dietro la festa di Hallowen una cultura anticristiana: Per questo ha anche lanciato un appello alla vigilanza al ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza. Il prete antisette ha istituito un numero verde al  quale sono arrivate in questi giorni numerose telefonate di genitori allarmati per il coinvolgimento dei figli in iniziative scolastiche legate ad Halloween. Dal monitoraggio effettuato dal servizio-sette emerge una crescita dei fenomeni satanici, a loro volta legati ad Halloween: 28 casi di furti di ostie consacrate dall'inizio dell'anno, 17 furti di reliquie, 47 casi di profanazione di luoghi sacri. "Halloween - attacca il prete anti-sette - è il capodanno del demonio. I satanisti rubano le ostie per poi mischiarle con la droga realizzando così, quella che loro definiscono, la comunione del diavolo". 



mercoledì 23 ottobre 2013

L'anafora di San Giacomo fratello del Signore



Ammutolisca ogni carne umana

di Manel Nin


Il 23 ottobre, nella tradizione bizantina, si celebra la memoria di san Giacomo, fratello del Signore, primo vescovo di Gerusalemme. Nel Pontificio Collegio Greco di Roma, la domenica più vicina a questa data si celebra, ormai da alcuni decenni, la Divina liturgia con una anafora che la tradizione bizantina ha lasciato cadere praticamente del tutto e che invece la tradizione siro-occidentale usa molto spesso, assieme all'anafora dei Dodici apostoli. L'anafora di san Giacomo si trova in diverse versioni linguistiche ma specialmente in greco e in siriaco, che a sua volta sarebbe la traduzione da un testo greco più semplice e arcaico dell'attuale. Per entrambe le versioni, l'attribuzione a san Giacomo, fratello del Signore, è unanime. Ci sono poi versioni georgiana, armena, etiopica, a dimostrazione dell'importanza che questo testo ebbe almeno durante il primo millennio. È chiaro che si tratta di una liturgia che proviene da Gerusalemme, con molti riferimenti a personaggi veterotestamentari (Abele, Noè, Abramo, Zaccaria), ai luoghi santi, alla Gerusalemme celeste, con l'ingresso nel Santo dei Santi, la processione del piccolo ingresso con l'evangeliario e la croce, le diverse preghiere - collegate col salmo 140 - di benedizione dell'incenso. Riguardo alla datazione ci sono diverse ipotesi che la collocano tra la fine del III secolo fino al VI o VII secolo. È sicuramente un testo elaborato in diverse tappe, ma già quasi completo alla fine del IV secolo. L'anafora di san Giacomo è teologicamente molto diversa da quella di san Giovanni Crisostomo e da quella di san Basilio, e si tratta chiaramente di una liturgia di tipo antiocheno. Nella prassi costantinopolitana l'anafora non è più in uso, e ora viene celebrata soltanto il 23 ottobre a Gerusalemme, nelle isole di Zante e di Cipro e, a Roma, a Sant'Atanasio in una domenica attorno al 23 ottobre. La struttura della celebrazione è un po' diversa da quella abituale nella tradizione bizantina e prevede, almeno per la liturgia dei catecumeni, che essa sia celebrata nel bèma, cioè lo spazio nel centro della navata della chiesa - nelle chiese siriache è uno spazio chiuso anche da un cancello - dove si collocano un ambone per l'evangeliario e un tavolino per la croce; attorno all'evangeliario e alla croce si dispongono il sacerdote col diacono e i preti concelebranti e lì si svolge tutta la liturgia della Parola. La liturgia eucaristica, poi, viene celebrata nel santuario. Nella struttura sono da sottolineare alcuni elementi. Innanzi tutto, l'avvio del Piccolo ingresso subito all'inizio della liturgia, senza le tre antifone della liturgia di san Giovanni Crisostomo, fatto che accomuna questa liturgia con quelle di tradizione siriaca e che ne indica anche una notevole arcaicità. Nelle diverse litanie fatte dal diacono rivolto verso il popolo, nell'ultima petizione - "Facendo memoria della Tuttasanta, Immacolata" - si aggiungono sempre Giovanni Battista, i profeti, gli apostoli, i martiri, e in una di esse anche Mosè, Aronne, Elia, Eliseo, Samuele, Davide, Daniele. Le letture vengono fatte dal bèma, il luogo centrale dove viene proclamata la Parola e dove anche viene commentata. L'inno Ammutolisca ogni carne umana, che prende il posto dell'inno cherubico dell'anafora di san Giovanni Crisostomo ed è lo stesso cantato nel Sabato santo nella liturgia di san Basilio. Infine, lo scambio di pace dopo il Credo, che nella liturgia di san Giovanni Crisostomo è rimasto soltanto tra il clero. L'anafora di san Giacomo viene inquadrata, come d'altronde anche le altre anafore cristiane, tra due grandi movimenti di lode a Dio all'inizio: "È veramente cosa buona e giusta, conveniente e doverosa, lodare inneggiare, adorare, glorificare e rendere grazie a Te, creatore delle cose visibili e invisibili"; e alla fine la conclusione del sacerdote: "Per la grazia, la misericordia e l'amore per gli uomini del tuo Cristo, con il quale sei benedetto e glorificato insieme con il santissimo buono e vivificante tuo Spirito". Cioè il movimento che va dall'opera creatrice di Dio alla sua opera di santificazione operata da Cristo per mezzo dello Spirito; dalla creazione, alla redenzione, alla santificazione. Nell'anafora di san Giacomo non vi è, come in altre anafore, l'enumerazione di tutta una serie di attributi apofatici di Dio - invisibile, incomprensibile, incommensurabile - ma, nell'introduzione, soltanto quella di tre titoli: "Creatore di tutte le cose, tesoro dei beni, sorgente di vita e di immortalità", e poi a lungo quella di tutte le schiere chiamate a questa lode: i cieli, il sole, la luna, la terra, il mare, la Gerusalemme celeste, la Chiesa dei primogeniti, i giusti, i profeti, i martiri, gli apostoli, cherubini, serafini. In altre parole sono tutto il creato e tutta la chiesa che sono attirate alla lode di Dio. Prima della narrazione dell'istituzione dell'eucaristia e dell'epiclesi, l'anafora di san Giacomo narra la storia della salvezza; notiamo una serie di verbi che la scandiscono: "hai avuto compassione, hai creato l'uomo; lui cadde, ma non lo hai disprezzato, non lo hai abbandonato, ma corretto, richiamato, guidato". E alla fine della narrazione vi è la proclamazione del mistero centrale della fede cristiana: "Infine hai inviato nel mondo il tuo proprio Figlio unigenito, nostro Signore Gesù Cristo, perché egli con la sua venuta rinnovasse e risuscitasse la tua immagine". La venuta di Cristo rinnova nell'uomo l'immagine di Dio; in questa frase si ritrova la dottrina sulla salvezza dei padri della Chiesa, da Ignazio di Antiochia a Ireneo, da Origene ad Atanasio e Ambrogio. È importante sottolineare questa centralità del destino dell'uomo nella provvidenza di Dio, nella linea dello stesso Cirillo di Gerusalemme nelle sue Catechesi: "Tutte le creature sono belle, ma ce n'è soltanto una a immagine di Dio e questa è l'uomo. Il sole è stato fatto da un ordine; l'uomo, invece, è stato fatto dalle mani di Dio: facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza". L'anafora di san Giacomo evidenzia un aspetto importante: l'immagine di Dio maltrattata dall'uomo viene rinnovata - cioè ricreata - da Cristo. Questa nuova creazione avviene nella sua incarnazione e l'anafora dice che Cristo "è disceso, si è incarnato, è vissuto insieme, ha disposto tutto". Nell'epiclesi, il dono dello Spirito viene chiesto sui fedeli e sui doni presentati: "Manda su di noi e su questi santi doni che ti presentiamo il tuo Spirito Santissimo". Il testo ha una formulazione trinitaria che sembra conoscere già la formula di Costantinopoli del 381: "Signore e vivificante, consustanziale, condivide l'eternità". Poi ancora l'anafora accenna ad alcuni momenti scritturistici di discesa dello Spirito Santo legati anche ad ambiente gerosolimitano: "è sceso sotto forma di colomba nel Giordano, sui santi apostoli nella camera alta della santa e gloriosa Sion". Ancora l'epiclesi chiede come frutto della santificazione dello Spirito che i doni diventino Corpo e Sangue di Cristo e che la Chiesa sia santificata e rimanga stabile nella roccia della fede. L'azione dello Spirito, in questa anafora, viene strettamente collegata alla sua azione lungo tutta la storia della salvezza; lui "ha parlato nella Legge, nei Profeti e nella nuova Alleanza". Essendo il testo di origine gerosolimitana, è importante sottolineare il collegamento tra lo stesso Spirito che parla nell'antica e nella nuova Alleanza: quello Spirito che parla nella Legge, nei profeti, nella nuova Alleanza, scende su Cristo, sugli apostoli, sui santi doni presentati (e qui si possono aggiungere tutti gli altri sacramenti: le acque battesimali, il santo crisma). L'epiclesi ha pure una chiara dimensione ecclesiologica, che verrà in qualche modo sottolineata di nuovo nella grande preghiera di intercessione alla fine dell'anafora, la quale ha ancora degli accenni chiaramente gerosolimitani: "a sostegno della tua santa Chiesa cattolica e apostolica che hai stabilito sulla roccia della fede. Ti offriamo questo sacrificio per la tua santa e gloriosa Gerusalemme, madre di tutte le Chiese. Ricordati di questa santa tua città. Ricordati Signore di tutti i cristiani che sono andati o si recano nei luoghi santi di Cristo". I frutti della discesa dello Spirito sono quindi la santificazione dei doni e, per mezzo di essi, la santificazione della Chiesa. La comunione al Corpo e al Sangue di Cristo porta la comunità, la Chiesa alla pienezza della forza dello Spirito. Questo Spirito invocato sulla comunità le viene dato attraverso la comunione ai Santi Doni; lo Spirito costruisce il corpo ecclesiale di Cristo per mezzo della santificazione, della divinizzazione di coloro che vi si comunicano. Già sant'Efrem ha un bellissimo testo in questa stessa linea: "Nel tuo pane si nasconde lo Spirito che non può essere consumato; nel tuo vino c'è il fuoco che non si può bere. Lo Spirito nel tuo pane, il fuoco nel tuo vino: ecco una meraviglia accolta dalle nostre labbra. Il serafino non poteva avvicinare la brace alle sue dita, che si avvicinò soltanto alla bocca di Isaia; né le dita l'hanno presa né le labbra l'hanno mangiata; ma a noi il Signore ci ha concesso di fare ambedue le cose. Il fuoco discese con ira per distruggere i peccatori, ma il fuoco della grazia discende sul pane e vi rimane. Invece del fuoco che distrusse l'uomo, abbiamo mangiato il fuoco nel pane e siamo stati vivificati". Durante la litania prima del Padre nostro, il sacerdote silenziosamente fa una preghiera in cui chiede la purificazione delle anime e dei corpi e fa un elenco di vizi che devono essere purificati che ricorda tantissimo quelli che poi si ritroveranno nei testi di origine monastica (regole, lettere, ammonimenti): "allontana da noi invidia, arroganza, ipocrisia, menzogna, astuzia, desideri mondani, vanagloria, ira, ricordo delle offese". La liturgia di san Giacomo rispecchia, quindi, tre aspetti importanti: la centralità della lode di Dio da parte di tutta la creazione e di tutta la Chiesa; la restaurazione (ricreazione) dell'immagine di Dio nell'uomo per l'opera di Cristo; l'azione santificatrice dello Spirito nella storia della salvezza, sui doni, sui credenti. Celebrare la liturgia di san Giacomo, almeno una volta all'anno, è semplicemente fare dell'archeologia liturgica? O, magari, rivendicare il patrimonio liturgico gerosolimitano di fronte all'influsso a livello liturgico che Costantinopoli ebbe sugli altri patriarcati? No, non soltanto celebrare l'anafora di san Giacomo - come tutte le altre anafore cristiane - è celebrare il mistero della morte e risurrezione del Signore, ma è anche celebrare con una anafora che mette di fronte ad aspetti teologici, ecclesiologici, liturgici e anche architettonici un po' diversi da quelli a cui si è abituati nella tradizione bizantina, e soprattutto è celebrare con una anafora che rende presente la comunione con la Chiesa di Gerusalemme, madre di tutte le Chiese cristiane. "Camminando di potenza in potenza e celebrando la divina liturgia nel tuo tempio, ti preghiamo, rendici degni - recita la preghiera di congedo dell'anafora di san Giacomo - del perfetto amore degli uomini. Raddrizza la nostra via, fortificaci nel tuo timore. Abbi pietà di tutti e rendili degni del tuo Regno celeste nel Cristo Gesù nostro Signore"