domenica 25 maggio 2014

Francesco: “Sono disponibile a discutere il primato petrino



Al Santo Sepolcro Francesco incontra il patriarca Bartolomeo I ed esorta tutte le confessioni cristiane a “camminare insieme verso la piena comunione”

Papa Bergoglio esprime la volontà di discutere sul primato petrino. "Tra le Chiese restano le divisioni anche  dopo gli abbracci I cristiani sono perseguitati, esiste l'ecumenismo della sofferenza. Come la pietra del Sepolcro, dobbiamo rimuovere gli ostacoli tra i cristiani". Francesco e Bartolomeo I si sono abbracciati nello stesso luogo, a 50 anni dallo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I. Dopo il pranzo con i poveri nel pensionato «Casanova», papa Francesco ha incontrato nella Delegazione Apostolica di Gerusalemme il patriarca ecumenico di Costantinopoli.
 All'importante appuntamento hanno preso parte anche il segretario di Stato Pietro Parolin e il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani, cardinale Kurt Koch. Dopo lo scambio dei doni e il momento di incontro privato, il Papa e il Patriarca ecumenico hanno firmato una Dichiarazione congiunta.  Quello di oggi, hanno affermato in una dichiarazione congiunta, «è stato un nuovo, necessario passo sul cammino verso l'unità». E se «l'abbraccio scambiato tra Papa Paolo VI ed il Patriarca Atenagora dopo molti secoli di silenzio prepara la strada ad un gesto di straordinaria valenza, la rimozione dalla memoria e dal mezzo della Chiesa delle sentenze di reciproca scomunica del 1054», il nuovo abbraccio è servito a «ribadire - spiegano i due capi religiosi - il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l'unità». «Aneliamo - dichiarano insieme Papa e Patriarca - al giorno in cui finalmente parteciperemo insieme al banchetto eucaristico». «Un obiettivo verso cui orientiamo le nostre speranze, manifesteremo davanti al mondo l'amore di Dio e, in tal modo, saremo riconosciuti come veri discepoli di Gesù Cristo». 
 All'inizio, arrivando al Santo Sepolcro da due porte diverse del sagrato, i due capi religiosi hanno scambiato un nuovo abbraccio a beneficio dei fotografi e delle tv. Francesco cede il passo a Bartolomeo nell’entrata al Santo Sepolcro. Con tenerezza si sono poi presi per mano (il Papa ha detto in italiano al patriarca, «attenzione a non scivolare sulle pietre») e hanno varcato insieme l'ingresso della Basilica. Insieme hanno poi venerato la «Pietra dell'unzione», chinandosi a capo scoperto per baciarla (e Francesco è stato poi aiutato dal cerimoniere Guido Marini a rialzarsi). «Desidero rinnovare l'auspicio già espresso dai miei Predecessori, di mantenere un dialogo con tutti i fratelli in Cristo per trovare una forma di esercizio del ministero proprio del Vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti», evidenzia papa Bergoglio.

 «Dobbiamo credere che, come è stata ribaltata la pietra del sepolcro, così potranno essere rimossi tutti gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione tra noi. Sarà una grazia di risurrezione, che possiamo già oggi pregustare», afferma Francesco. «Quando cristiani di diverse confessioni si trovano a soffrire insieme, gli uni accanto agli altri, e a prestarsi gli uni gli altri aiuto con carità fraterna, si realizza un ecumenismo della sofferenza, si realizza l'ecumenismo del sangue, che possiede una particolare efficacia non solo per i contesti in cui esso ha luogo, ma, in virtù della comunione dei santi, anche per tutta la Chiesa», aggiunge Francesco. Che a braccio specifica: «Quelli che uccidono i cristiani in odio alla fede non si domandano se si tratta di cattolici e ortodossi. Uccidono e versano sangue cristiano»

Rivolgendosi al patriarca Bartolomeo, il Pontefice ha raccomandato: «Santità, amato Fratello, carissimi fratelli tutti, mettiamo da parte le esitazioni che abbiamo ereditato dal passato e apriamo il nostro cuore all'azione dello Spirito Santo, lo Spirito dell'Amore e della Verità, per camminare insieme spediti verso il giorno benedetto della nostra ritrovata piena comunione». Infatti «non possiamo negare le divisioni che ancora esistono tra di noi, discepoli di Gesù: questo sacro luogo ce ne fa avvertire con maggiore sofferenza il dramma». Per Francesco, dunque, «resta da percorrere ancora altra strada per raggiungere quella pienezza di comunione che possa esprimersi anche nella condivisione della stessa mensa eucaristica, che ardentemente desideriamo». «Ma le divergenze - incoraggia il Papa - non devono spaventarci e paralizzare il nostro cammino. Dobbiamo credere che, come è stata ribaltata la pietra del sepolcro, così potranno essere rimossi tutti gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione tra noi». «Sarà - invece - una grazia di risurrezione, che possiamo già oggi pregustare». «Ogni volta che chiediamo perdono gli uni agli altri per i peccati commessi nei confronti di altri cristiani e ogni volta che abbiamo il coraggio di concedere e di ricevere questo perdono, noi - assicura - facciamo esperienza della risurrezione! Ogni volta che, superati antichi pregiudizi, abbiamo il coraggio di promuovere nuovi rapporti fraterni, noi confessiamo che Cristo è davvero Risorto! Ogni volta che pensiamo il futuro della Chiesa a partire dalla sua vocazione all'unità, brilla la luce del mattino di Pasqua!».
Il Papa ha concluso a braccio: "Quando la disunione ci fa pessimisti, poco coraggiosi, dobbiamo ricordarci che siamo tutti sotto il manto della Santa Madre di Dio. Soltanto sotto il suo manto troveremo la pace. Che Lei ci aiuti a proseguire in questo cammino".
Una volta conclusi i discorsi i due capi religiosi hanno pregato insieme, per la prima volta in pubblico, il Padre Nostro.

www.vaticaninsider.lastampa.it 


sabato 24 maggio 2014




PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN TERRA SANTA IN OCCASIONE DEL 50° ANNIVERSARIO
DELL’INCONTRO A GERUSALEMME
TRA PAPA PAOLO VI E IL PATRIARCA ATENAGORA
24-26 MAGGIO 2014


web site: www.apostolicpilgrimage.org

trasmissione diretta:  www.ctv.va/content/ctv/it/livetv.html



sabato 3 maggio 2014

Domenica III di Pasqua: delle Mirofore




Questa terza domenica di Pasqua la Chiesa la dedica alle donne chiamate Miròfore cioè portatrici degli oli, che di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, si recarono al sepolcro per ungere il corpo del Signore e completarne la sepoltura. Queste donne, trepidanti, spaventate e addolorate, per la strada, con gli oli e le bende che sarebbero servite ad avvolgere il corpo del Signore, si chiedevano tra di loro chi le avrebbe aiutate a spostare il grande masso che copriva l'ingresso della tomba. Ma al loro arrivo trovarono il sepolcro aperto e un angelo che diede loro l'annuncio della risurrezione: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto [...]».
In questo stesso giorno si fa memoria anche del nobile Giuseppe di Arimatea, che si prodigò, dopo la crocifissione affinché i romani restituissero il corpo del Signore. Giuseppe con un lenzuolo coprì il corpo del Signore e lo depose in un sepolcro nuovo di sua proprietà. Si ricorda anche Nicodemo, il discepolo che di notte visitò il Signore e chiese come era possibile rinascere una seconda volta (Gv 3,4).


Apolitikion


 εσχήμων ωσήφ, π το ξύλου καθελών, τ χραντόν σου Σμα, σινδόνι καθαρ ελήσας κα ρώμασιν, ν μνήματι καιν κηδεύσας πέθετο· λλ τριήμερος νέστης Κύριε, παρέχων τ κόσμ τ μέγα λεος.


Il nobile Giuseppe, deposto dalla Croce l'immacolato tuo corpo, l'avvolse in un bianco lenzuolo e cosparsolo di aromi, gli rese i funebri onori e lo depose in un sepolcro nuovo. Ma tu il terzo giorno sei risorto o Signore per donare al mondo la grande misericordia.

* * * * *

Τας μυροφόροις Γυναιξί, παρ τ μνμα πιστάς, γγελος βόα· Τ μύρα τος θνητος πάρχει ρμόδια, Χριστς δ διαφθορς δείχθη λλότριος· λλ κραυγάσατε· νέστη Κύριος, παρέχων τ κόσμ τ μέγα λεος.

Fermatosi dinnanzi alla tomba, l'Angelo alle donne recanti aromi gridò: gli aromi si addicono ai mortali, Cristo invece s'è mostrato alieno da ogni corruzione. E voi gridate dunque: è risorto il Signore per donare al mondo la grande misericordia.



giovedì 1 maggio 2014

2 Maggio, Memoria di Sant' Atanasio il Grande, patrono del Pontificio Collegio Greco



Atanasio è stato senza dubbio uno dei Padri della Chiesa antica più importanti e venerati. Ma soprattutto questo grande Santo è l'appassionato teologo dell'incarnazione del Logos, il Verbo di Dio, che - come dice il prologo del quarto Vangelo - «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Proprio per questo motivo Atanasio fu anche il più importante e tenace avversario dell'eresia ariana, che allora minacciava la fede in Cristo, riducendolo ad una creatura «media» tra Dio e l'uomo, secondo una tendenza ricorrente nella storia, e che vediamo in atto in diversi modi anche oggi. Nato probabilmente ad Alessandria, in Egitto, verso l'anno 300, Atanasio ricevette una buona educazione prima di divenire diacono e segretario del Vescovo della metropoli egiziana, Alessandro. Stretto collaboratore del suo Vescovo, il giovane ecclesiastico prese parte con lui al Concilio di Nicea, il primo a carattere ecumenico, convocato dall'imperatore Costantino nel maggio del 325 per assicurare l'unità della Chiesa. I Padri niceni poterono così affrontare varie questioni, e principalmente il grave problema originato qualche anno prima dalla predicazione del presbitero alessandrino Ario. Questi, con la sua teoria, minacciava l'autentica fede in Cristo, dichiarando che il Logos non era vero Dio, ma un Dio creato, un essere «medio» tra Dio e l'uomo, e così il vero Dio rimaneva sempre inaccessibile a noi. I Vescovi riuniti a Nicea risposero mettendo a punto e fissando il «Simbolo della fede» che, completato più tardi dal primo Concilio di Costantinopoli, è rimasto nella tradizione delle diverse confessioni cristiane e nella Liturgia come il Credo niceno-costantinopolitano. In questo testo fondamentale - che esprime la fede della Chiesa indivisa, e che recitiamo anche oggi, ogni domenica, nella Celebrazione eucaristica - figura il termine greco homooúsios, in latino consubstantialis: esso vuole indicare che il Figlio, il Logos, è «della stessa sostanza» del Padre, è Dio da Dio, è la sua sostanza, e così viene messa in luce la piena divinità del Figlio, che era negata dagli ariani. Morto il Vescovo Alessandro, Atanasio divenne, nel 328, suo successore come Vescovo di Alessandria, e subito si dimostrò deciso a respingere ogni compromesso nei confronti delle teorie ariane condannate dal Concilio niceno. La sua intransigenza, tenace e a volte molto dura, anche se necessaria, contro quanti si erano opposti alla sua elezione episcopale e soprattutto contro gli avversari del Simbolo niceno, gli attirò l'implacabile ostilità degli ariani e dei filoariani. Nonostante l'inequivocabile esito del Concilio, che aveva con chiarezza affermato che il Figlio è della stessa sostanza del Padre, poco dopo queste idee sbagliate tornarono a prevalere - in questa situazione persino Ario fu riabilitato -, e vennero sostenute per motivi politici dallo stesso imperatore Costantino e poi da suo figlio Costanzo II. Questi, peraltro, che non si interessava tanto della verità teologica quanto dell'unità dell'Impero e dei suoi problemi politici, voleva politicizzare la fede, rendendola più accessibile - secondo il suo parere - a tutti i sudditi nell'Impero. La crisi ariana, che si credeva risolta a Nicea, continuò così per decenni, con vicende difficili e divisioni dolorose nella Chiesa. E per ben cinque volte - durante un trentennio, tra il 336 e il 366 - Atanasio fu costretto ad abbandonare la sua città, passando diciassette anni in esilio e soffrendo per la fede. Ma durante le sue forzate assenze da Alessandria, il Vescovo ebbe modo di sostenere e diffondere in Occidente, prima a Treviri e poi a Roma, la fede nicena e anche gli ideali del monachesimo, abbracciati in Egitto dal grande eremita Antonio con una scelta di vita alla quale Atanasio fu sempre vicino. Sant'Antonio, con la sua forza spirituale, era la persona più importante nel sostenere la fede di sant'Atanasio. Reinsediato definitivamente nella sua sede, il Vescovo di Alessandria poté dedicarsi alla pacificazione religiosa e alla riorganizzazione delle comunità cristiane. Morì il 2 maggio del 373, giorno in cui celebriamo la sua memoria liturgica.
L'opera dottrinale più famosa del santo Vescovo alessandrino è il trattato su L'incarnazione del Verbo, il Logos divino che si è fatto carne divenendo come noi per la nostra salvezza. Dice in quest'opera Atanasio, con un'affermazione divenuta giustamente celebre, che il Verbo di Dio «si è fatto uomo perché noi diventassimo Dio; egli si è reso visibile nel corpo perché noi avessimo un'idea del Padre invisibile, ed egli stesso ha sopportato la violenza degli uomini perché noi ereditassimo l'incorruttibilità» (54,3). Con la sua risurrezione, infatti, il Signore ha fatto sparire la morte come se fosse «paglia nel fuoco» (8,4). L'idea fondamentale di tutta la lotta teologica di sant'Atanasio era proprio quella che Dio è accessibile. Non è un Dio secondario, è il Dio vero, e tramite la nostra comunione con Cristo noi possiamo unirci realmente a Dio. Egli è divenuto realmente «Dio con noi». Tra le altre opere di questo grande Padre della Chiesa - che in gran parte rimangono legate alle vicende della crisi ariana - ricordiamo poi le quattro lettere che egli indirizzò all'amico Serapione, Vescovo di Thmuis, sulla divinità dello Spirito Santo, che viene affermata con nettezza, e una trentina di lettere «festali», indirizzate all'inizio di ogni anno alle Chiese e ai monasteri dell'Egitto per indicare la data della festa di Pasqua, ma soprattutto per assicurare i legami tra i fedeli, rafforzandone la fede e preparandoli a tale grande solennità.
Atanasio è, infine, anche autore di testi meditativi sui Salmi, poi molto diffusi, e soprattutto di un'opera che costituisce il best seller dell'antica letteratura cristiana: la Vita di Antonio, cioè la biografia di sant'Antonio abate, scritta poco dopo la morte di questo Santo, proprio mentre il Vescovo di Alessandria, esiliato, viveva con i monaci del deserto egiziano. Atanasio fu amico del grande eremita, al punto da ricevere una delle due pelli di pecora lasciate da Antonio come sua eredità, insieme al mantello che lo stesso Vescovo di Alessandria gli aveva donato. Divenuta presto popolarissima, tradotta quasi subito in latino per due volte e poi in diverse lingue orientali, la biografia esemplare di questa figura cara alla tradizione cristiana contribuì molto alla diffusione del monachesimo, in Oriente e in Occidente. Non a caso la lettura di questo testo, a Treviri, è al centro di un emozionante racconto della conversione di due funzionari imperiali, che Agostino colloca nelle Confessioni (VIII,6,15) come premessa della sua stessa conversione.
Del resto, lo stesso Atanasio mostra di avere chiara coscienza dell'influsso che poteva avere sul popolo cristiano la figura esemplare di Antonio. Scrive infatti nella conclusione di quest'opera: «Che fosse dappertutto conosciuto, da tutti ammirato e desiderato, anche da quelli che non l'avevano visto, è un segno della sua virtù e della sua anima amica di Dio. Infatti non per gli scritti né per una sapienza profana né per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio. E nessuno potrebbe negare che questo sia un dono di Dio. Come infatti si sarebbe sentito parlare in Spagna e in Gallia, a Roma e in Africa di quest'uomo, che viveva ritirato tra i monti, se non l'avesse fatto conoscere dappertutto Dio stesso, come egli fa con quanti gli appartengono, e come aveva annunciato ad Antonio fin dal principio? E anche se questi agiscono nel segreto e vogliono restare nascosti, il Signore li mostra a tutti come una lucerna, perché quanti sentono parlare di loro sappiano che è possibile seguire i comandamenti e prendano coraggio nel percorrere il cammino della virtù» (93,5-6).

dal sito: www.mariedenazareth.com


Απολυτίκιον Αγίου Αθανασίου

Tu fosti colonna dell'ortodossia, sostenendo con dogmi divini la Chiesa, o Gerarca Atanasio; tu infatti hai predicato il Figlio consustanziale al Padre, e confondesti Ario. Padre santo, supplica Cristo Dio di concederci la sua grande misericordia.


Στύλος γέγονας Ορθοδοξίας, θείοις δόγμασιν υποστηρίζων την Εκκλησίαν, ίεράρχα Αθανάσιε· τω γαρ Πατρί τον Υιών ομοούσιον, ανακηρύξας κατήσχυνας Άρειον. Πάτερ Όσιε, Χριστόν τον θεόν