martedì 26 agosto 2014

Notizie dalla Congregazione per le Chiese Orientali




Il Santo Padre Francesco  ha nominato Vescovo di Lodi (Italia) il Rev.do Mons. Maurizio Malvestiti, del clero della diocesi di Bergamo (Italia), finora Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.

Al Neo eletto Vescovo, a nome dei Rev. Padri Superiori e di tutti gli alunni del
Pontificio Collegio Greco porgiamo i nostri migliori auguri.


Axios



giovedì 14 agosto 2014

La Dormizione della Madre di Dio. Iconografia e innografia nella tradizione bizantina.





Sollevate le porte e accogliete la Madre dell’eterna luce.

La tradizione bizantina ha come prima grande festa del ciclo liturgico la Natività della Madre di Dio il giorno otto settembre, e lo conclude con la sua Dormizione e transito in cielo il quindici agosto, quasi a volere sottolineare che per ogni cristiano e per tutta la Chiesa la Madre di Dio rappresenta il cammino che introduce al mistero salvifico di Cristo. In Oriente la festa della Dormizione della Madre di Dio viene fissata come tale alla fine del VI secolo dall’imperatore Maurizio (592-602), mentre in Occidente viene introdotta da papa Sergio I alla fine del VII secolo. La festa del 15 agosto, nei libri liturgici bizantini porta il titolo di “Dormizione” della Madre di Dio, e ne celebra il transito e la sua piena glorificazione come primo frutto del mistero pasquale di Cristo stesso. La celebrazione liturgica va preceduta il 14 da un giorno di pre festa, e seguita da un’ottava che si conclude il giorno 23. Come spesso abbiamo potuto vedere nella tradizione bizantina, i testi liturgici delle grandi feste sono una lettura dell’icona della festa, o se si vuole l’icona stessa diventa la visione, l’immagine del mistero di fede cantato dai tropari liturgici. Nella festa della Dormizione della Madre di Dio troviamo due tropari che sono un bel esempio di questa sinergia tra eucologia ed iconografia. Ambedue sono due tropari dell’ufficiatura del vespro.
          Il primo è un lungo tropario, a seguito della glorificazione alla Santa Trinità, ed è una bella descrizione dell’icona stessa della festa, e la presenta quasi una “celebrazione liturgica” della sua dormizione e il suo transito in cielo. È un tropario che alterna gli otto toni musicali della tradizione bizantina che dividono a loro volta il testo liturgico in otto parti, cantando ognuna di queste parti in un tono diverso, dal primo al quinto, dal secondo al sesto, dal terzo al settimo e dal quarto all’ottavo, riprendendo il primo alla fine. Seguendo il tropario stesso troviamo una lettura quasi descrittiva dell’icona stessa della festa: Maria, morta o meglio addormentata, è messa nel bel mezzo dell’icona su un letto, che è un letto funebre certamente ma anche è l’icona di un alare cristiano. Attorno ad esso gli apostoli con diversi altri personaggi, e tra i primi, come nell’icona dell’Ascensione di Cristo e in quella della Pentecoste, sempre Pietro e Paolo, cioè ad indicare la presenza di tutta la Chiesa: “Gli apostoli teofori (tono primo), portati su nubi per l’aria da ogni parte del mondo, a un cenno del divino potere, (tono quinto) giunti presso il tuo corpo immacolato origine di vita, gli tributavano le più calde manifestazioni del loro amore”. Cristo nell’icona, in mezzo a un semicerchio, con gli angeli attorno, regge nelle sue braccia l’anima di sua Madre: Le supreme potenze dei cieli (tono secondo), presentan­dosi insieme al loro Sovrano, (tono quinto) scortano piene di timore il corpo puris­simo che ha accolto Dio; lo precedono in ascesa ul­tramon­dana e, invisibili, gridano alle schie­re che stanno piú in alto: Ecco, è giunta la Madre-di-Dio, regina dell’u­ni­verso”. La presenza degli angeli nella parte superiore dell’icona la accosta tipologicamente a quella dell’Ascensione di Cristo, ed il tropario stesso le applica il versetto del salmo 23, che troviamo anche in diversi tropari della festa dell’Ascensione del Signore: “Sollevate porte…”. Come accennavo nell’icona il letto di Maria è anche altare su cui si celebra la liturgia: gli apostoli attorno che la celebrano, Cristo sul fondo, nell’abside, che la presiede; Pietro che incensa attorno all’altare, quasi al momento del grande ingresso nella Divina Liturgia bizantina: Sollevate le porte (tono terzo), e accoglietela con onori degni del regno ultramondano, lei che è la Madre dell’eterna luce. (tono settimo) Grazie a lei, infatti, si è attuata la salvezza di tutti i mortali. In lei non abbiamo la forza di fissare lo sguardo, ed è impossibile tribu­tarle degno onore”. Maria infine, gloriosamente assunta in cielo, diventa per tutta la Chiesa che la celebra, la grande interceditrice presso suo Figlio: “La sua sovreminenza (tono quarto) eccede infatti ogni mente. (tono ottavo) Tu dunque, o immacolata Madre-di-Dio, che sempre vivi insieme al tuo Re e Figlio apportatore di vita, incessantemente intercedi perché sia pre­ser­vato e salvato da ogni attacco avverso il tuo popolo nuovo: noi godiamo infatti della tua protezione, (tono primo) e per i secoli, con ogni splendore, ti procla­mia-mo beata”.
            Il secondo tropario, sempre preso dal vespro e a seguito della glorificazione trinitaria, mette in evidenza già dall’inizio la presenza, anche nell’icona, di tutto il collegio apostolico, con Pietro ed anche Giacomo primo vescovo di Gerusalemme e fratello del Signore, fatto che collega la festa del 15 agosto alla Città Santa, e anche al Protovangelo di Giacomo, testo apocrifo su cui si fondamenta in molto punti la stessa festa liturgica: “Quando te ne sei andata, o Vergine Madre-di-Dio, presso colui che da te ineffabilmente è nato, erano presen­ti Giacomo fratello di Dio e primo pontefice, insieme a Pietro, venerabilissimo e sommo corifeo dei teologi, e tutto il coro divino degli apostoli: con inni teologici atti a manifestarne la divinità…”. La Dormizione della Madre di Dio si colloca chiaramente nell’economia di salvezza di Cristo stesso; gli apostoli diventano “celebranti” del mistero della redenzione di Cristo per mezzo della “cura” del corpo di Colei che per mezzo di esso divenne dimora di Dio: “…con inni teologici gli apostoli celebravano il divino e ­stra­ordi­nario mistero dell’economia del Cristo Dio; e ­pre­stando le ultime cure al tuo corpo origine di vita e dimora di Dio, gioivano, o degna di ogni canto”. Nella seconda parte del tropario la liturgia in qualche modo si sposta in cielo –quasi il movimento stesso che troviamo nell’anafora eucaristica- e tutte le schiere celesti vengono coinvolte nella lode e nella confessione pure loro del mistero della redenzione di Cristo: “Dall’alto le santissime e nobilis­sime schiere degli angeli, guardava­no con stupo­re il pro­digio e a testa china le une alle altre ­dicevano: Solle­va­te le vostre porte, e accogliete colei che ha parto­rito il Creatore del cielo e della terra; celebriamo con inni di gloria il corpo santo e venerabi­le che ha ospitato il Signore che a noi non è dato contemplare”. Notiamo i due bellissimi titoli cristologici dati a Maria in questo testo: Colei che ha partorito il Creatore e Colei che ha ospitato il Signore. Il tropario si conclude con l’invito alla lode, alla liturgia, di coloro che guardiamo l’icona, che guardiamo la stessa liturgia e che ne diventiamo anche concelebranti: “E noi pure, festeg­giando la tua memo­ria, a te gridi­amo, o degna di ogni canto: Solleva la fronte dei cri­stiani e salva le anime no­stre”.

P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco, Roma.

mercoledì 6 agosto 2014

La Trasfigurazione





La Trasfigurazione del Signore. Iconografia e innografia nella tradizione bizantina.

Oggi la natura umana riacquista la sua antica bellezza…

            La festa della Trasfigurazione è una delle Dodici Grandi feste del calendario bizantino; ha un giorno di pre festa il 5 agosto, ed un’ottava che si conclude il 13 dello stesso mese. L’iconografia della festa, già a partire dal bellissimo mosaico del VI secolo nel monastero di Santa Caterina del Sinai, riprende la narrazione evangelica con il Signore trasfigurato al centro, avvolto di luce, Mosè ed Elia ai lati e sotto i tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni che non osano quasi a guardare la luce abbagliante che viene dal Signore. L’ufficiatura della festa, in uno dei tropari, fa quasi una semplice parafrasi dell'icona, come se l’innografo leggesse l’icona componendo i suoi inni liturgici: “…il mistero nascosto dall’eterni­tà, lo ha negli ultimi tempi manifestato a Pietro, Giovanni e Giacomo la tua tremenda trasfigu­razione: essi, non sopportando il fulgore del tuo volto e lo splendore delle tue vesti, oppressi stavano curvi col volto a terra; nella loro estasi stupivano vedendo Mosè ed Elia che parlavano con te di quanto ti doveva accade­re. Una voce da parte del Padre dava testimonian­za, dicendo: Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compi­aciuto: ascoltate­lo, egli donerà al mondo la grande misericordia”.
            La liturgia bizantina, in questa festa, collega strettamente il mistero della trasfigurazione di Cristo alla sua passione: nella salita sul Tabor per primo e in quella sul Calvario dopo; anche per la presenza dei discepoli meravigliata nell’ora della trasfigurazione, smarrita poi nell’ora della passione: “Prima che tu salissi sulla croce, Signore, un monte ha raffigurato il cielo, e una nube lo sovrastava come tenda. Mentre tu ti trasfiguravi e ricevevi la testimonianza del Padre, erano con te Pietro, Giacomo e Giovanni, perché, dovendo essere con te anche nell’ora del tradimen­to, grazie alla contemplazione delle tue meravi­glie non temessero di fronte ai tuoi patimen­ti… Prima della tua croce, o Signore, prendendo con te i discepoli su un alto monte, davanti a loro ti sei trasfigurato, illuminandoli con bagliori di potenza, volendo mostrare loro lo splendore della risurrezione…”. La trasfigurazione quindi vuol preparare e in qualche modo rafforzare i discepoli di fronte alla passione di Cristo, e allo stesso tempo è prefigurazione della sua risurrezione; uno dei tropari del vespro accosta ambedue i fatti salvifici, mettendo in parallelo la presenza della luce abbagliante, gli angeli, il tremore della terra di fronte al Signore trasfigurato e quindi risorto: “Prefigurando la tua risurrezione, o Cristo Dio, prendesti con te i tuoi tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni per salire sul Tabor. E mentre tu ti tra­sfi­guravi, o Salvatore, il monte Tabor si ricopriva di luce. I tuoi discepoli, o Verbo, si gettarono a ter­ra, non sopportando la vista della forma che non è dato contemplare. Gli angeli prestavano il loro servi­zio con timore e tremore; fremettero i cieli e la terra tremò, perché sulla terra vedevano il Signore della gloria”.
            La presenza di Mosè ed Elia nella trasfigurazione la collegano anche alla teofania divina al monte Sinai, e allo stesso tempo essi diventano testimoni della sua divino umanità: “Colui che un tempo, mediante simboli, aveva parlato con Mosè sul monte Sinai, dicendo: Io sono ‘Colui che È’, trasfiguratosi oggi sul monte Tabor alla presenza dei discepoli, ha mostrato come in lui la natura umana riacquistasse la bellezza archeti­pa del­l’im­magine. Prendendo a testimoni di una tale grazia Mosè ed Elia, li rendeva partecipi della sua gioia, mentre essi prean­nuncia­vano il suo esodo tramite la croce, e la salvifi­ca risurrezione”. Quindi troviamo tre testi veterotestamentari che sono presenti come filo conduttore dell'esegesi della festa, collegati alla figura di Mose il primo: “Colui che un tempo aveva parlato con Mosè sul monte Sinai… trasfiguratosi oggi sul monte Tabor…”; ad Elia il secondo, nella sua ascensione in 2Re 2: “Mosè il veggente ed Elia, l’auriga di fuoco, che senza bruciare ha corso i cieli, vedendoti nella nube al momento della tua trasfigurazione, hanno attestato che tu sei, o Cri­sto, l’autore della Legge e dei profeti e colui che li porta a compimento…”. A Davide il terzo nel testo del salmo 88,12-13: “Prevedendo in Spirito la tua venuta tra gli uomini, nella carne, o Figlio Unigenito, già da lungi Davi­de, padre di Dio, convocava la creazione alla festa, esclamando profe­ticamente: Il Tabor e l’Ermon nel tuo nome esulteranno...”. La bellezza e la gloria di Cristo trasfigurato manifestano anche la bellezza e la gloria della natura umana che viene rinnovata, redenta dal Signore della gloria: “… oggi il Signore sul monte Tabor alla presenza dei discepoli, ha mostrato come in lui la natura umana riacquistasse la bellezza archeti­pa del­l’im­magine… Salito infatti su questo monte, o Salvatore, insieme ai tuoi discepoli, trasfiguran­doti hai reso di nuovo radiosa la natura un tempo oscu­ratasi in Adamo, facendola passare alla gloria e allo splendore della tua divinità…”.
            Il cànone del mattutino della festa, opera di san Giovanni Damasceno (VII-VIII secoli) con delle immagini bellissime avvicina ambedue le teofanie, quella veterotestamentaria sul Sinai e quella neotestamentaria sul Tabor; da notare come la roccia che sul Sinai protegge Mosè dal morire alla visione divina, nella trasfigurazione lo protegge la stessa umanità di Cristo: “Mosè, sul mare, vedendo un tempo profeticamente nella nube e nella colonna di fuoco la gloria del Signo­re, esclamava: Cantiamo al nostro Redentore e Dio… Protetto dal corpo deificato come un tempo dalla roccia, il veggente Mosè, contemplando l’invisibile, esclamava: Cantiamo al nostro Redentore e Dio… La gloria che un tempo adombrava la tenda e parlava con Mosè tuo servo, era figura della tua tra­sfigurazione… Tu che sei il Dio Verbo, sei divenuto pienamente uomo, congiungendo nella tua persona l’umanità alla pienezza della divinità…”.
            Il collegamento tra la trasfigurazione di Cristo e la sua passione, e la presenza di Mosè e di Elia porta infine l’innografo a riprendere la centralità del mistero della croce di Cristo già prefigurata nei fatti veterotestamentari: “Tracciando una croce, Mosè, col bastone verticale, divise il Mar Rosso… poi lo riunì su se stesso con frastu­ono… una verga è assunta come figura del mistero perché, con la sua fioritura per la Chiesa un tempo sterile, è fiorito ora l’albero della croce… o albero beatissimo, su cui è stato steso Cristo, Re e Signore! Per te è caduto colui che con un albero aveva ingannato, è stato adescato da Dio che nella carne in te è stato confitto, e che dona la pace alle anime nostre”. 

P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco, Roma.